L’infezione da epatite C rappresenta una forma morbosa molto insidiosa, sia per l’elusività del virus sia per facilità di contagio tra i soggetti a rischio, come i consumatori di sostanze stupefacenti.
La recente disponibilità di nuovi trattamenti farmacologici a maggiore efficacia e meglio tollerati (Direct-Acting Antivirals – DAAs) rappresenta un punto di forza per la reale opportunità di un intervento risolutivo nei confronti dell’infezione da epatite C, mentre il maggiore punto di debolezza continua ad essere la bassa percentuale di soggetti a rischio sottoposti a test per la rivelazione del virus.
In questi ultimi mesi, la strategia italiana rivolta alla eliminazione dell’epatite C, si è scontrata con l’emergenza coronavirus che, in molte realtà, ha indotto a ripensare e trasformare il sistema di cura e presa in carico dei pazienti.
In particolare, ne consegue che l’organizzazione locale dei SerD e dei Centri di Trattamento debba prevedere particolari forme organizzative per anticipare la ripresa delle attività di screening, grazie anche all’impiego di test rapidi salivari, in un contesto di reciproca collaborazione della rete locale al tempo del coronavirus, valutando nuovi modelli di intervento, finanche quello di associare al testing per epatite C, quello per SARS-CoV-2. Questa attività consentirebbe peraltro di ottimizzare le risorse necessarie rispetto allo svolgimento di due campagne di screening oggi indipendenti e potrebbe essere di interesse nell’identificare aspetti epidemiologici di sovrapposizione delle due patologie in soggetti tossicodipendenti.
Il corso si prefigge quindi l’obiettivo di rilevare e valutare quali modifiche organizzative si sono o possono essere intraprese per non perdere i risultati raggiunti in Italia nella lotta all’epatite C in questa particolare popolazione.
Per info e iscrizioni: letscome3.it